Ritratto dello zio

Caro vecchio zio fascista
è vero che avete fatto un bel casino,
ricordo dai racconti di mia madre
che sei andato a Roma a piedi, da Milano.

A istinto io ti ho sempre giudicato
come uno che si accende e non ragiona
e ho fatto un po’ di facile ironia
senza capire mai la tua persona.

Direi che eri un po’ stupido e felice,
coerente con l’immagine del duce:
a ventun’anni avevi già una figlia,
la guerra tutta tua e l’idea della famiglia;

ai tempi in cui cadevano le bombe
mostravi con orgoglio il tuo coraggio,
eppure ti piaceva l’aria fresca
delle mattine limpide di maggio.

L’uomo è quasi sempre meglio
rispetto alla propria ideologia
ricordo quella volta che piangevi
e quanto stavi male per la zia;

del resto il segreto del fascismo
è nel simbolo del fascio littoriale
e appena un fascettino si è staccato
svanisce la sua forza criminale.

Caro vecchio zio fascista
a vederti innaffiare le tue rose
ancora non mi entra nella testa
come hai potuto fare certe cose;

sorridi accarezzando i tuoi nipoti
con una commozione così vera,
hai sempre avuto il cuore troppo tenero
e la testa troppo dura.

Negli uomini politici di oggi
c’è come un grosso salto di statura
ma c’hanno ancora il cuore troppo tenero
e la testa troppo dura.